Se vi dicessimo che il fenomeno della moltiplicazione dei cammelli, l’animale per eccellenza del deserto sahariano, è uno dei problemi che tiene più sulle spine il governo australiano, voi ci prendereste per pazzi?
Prima di continuare, e raccontarvi di come l’uomo, con i suoi spostamenti lungo il globo, sia riuscito a rivoluzionare interi ecosistemi, però una domanda ve la facciamo noi: sapevate che in Australia ci sono i cammelli?
Giusto per sottolinearlo: non si tratta di animali autoctoni.
I cammelli, anzi, 20mila cammelli, hanno viaggiato dall’Africa all’Australia nel 1840. I colonizzatori pensarono che non c’era animale migliore per trasportare merci pensanti nell’ outback australiano (deserto australiano).
Oggi, a distanza di 150 anni, il cammello è invece il nemico pubblico numero uno del governo australiano perché continua a riprodursi ed, entro la fine di questo decennio, la sua popolazione potrebbe raggiungere il milione di individui, mettendo a dura prova la sopravvivenza dell’ecosistema del cuore rosso australiano.
Negli anni, per tenere a bada questa crescita incontrollata, si è avviato un programma di culling (abbattimento mirato), che seppur controverso è riuscito a tenere sotto controllo le mandrie che vivono in libertà.
Recentemente il governo però, per mancanza di fondi, ha dovuto dare una botta d’arresto a questo abbattimento sistematico, ma resta il problema, perché ognuno dei 750mila animali che si muovono nel deserto mangia 15 chili di fogliame al giorno e si abbevera alle poche sorgenti d’acqua, fonti preziosissime e sacre per le comunità aborigene.
Prima di chiudere questo posto un’ultima nota. Ormai, la carne di cammello, in Australia, è diventata popolare quasi quanto quella di coccodrillo e quella di canguro e il mercato che vi ruota attorno è di quasi 580 milioni di euro. Ha l’aspetto del manzo, ma il sapore si avvicina di più a quello del cavallo. Se i vostri peregrinaggi vi porteranno fino a Sidney ordinate quindi il camel-burger, è d’obbligo.
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