Il burro irlandese: tra storia e tradizione

burro_irlandese_trasportoQuesta è la storia di un prodotto che ha fatto la fortuna di una Nazione e di una Nazione che, a sua volta, ha saputo valorizzare un prodotto in modo eccellente. Una storia che fa capire come la valorizzazione di un prodotto di cui si dispone in abbondanza (la produzione di latte in Irlanda supera di gran lunga i bisogni delle popolazione), può fare la differenza nello sviluppo economico di un Paese, se si attivano ricerca scientifica e istruzione.

Basta dire che il Governo irlandese per sostenere l’industria casearia ha in passato attivato canali istituzionali, tra i quali una facoltà universitaria, la Facoltà di Scienze Casearie, presso l’University College di Cork. È qui che si sono formati i professionisti e gli studiosi in grado di innovare il settore caseario alimentare del Paese, a partire dagli anni ‘60.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire da dove proviene il famoso burro irlandese.

Il latte e i prodotti caseari dell’Irlanda hanno radici antiche, e da sempre sono parte integrante delle abitudini alimentari dei suoi abitanti. Del resto la mucca ha sempre rivestito un ruolo importantissimo all’interno della società. La sua funzione di produttrice di latte, fin da tempi antichi, non doveva essere turbata in alcun modo. A tale scopo i vitelli maschi venivano per lo più uccisi alla nascita, in modo da evitare la perdita di latte che si sarebbe verificata nel caso di allattamento degli stessi ad opera della madre.

La mucca era considerata una risorsa preziosa, quasi sacra. Nella letteratura irlandese antica i Santi e i bambini di nobile stirpe sembra che venissero battezzati nel latte.

In una società arcaica, in cui non esisteva ancora la moneta, le mucche da latte rappresentavano l’unico indicatore di ricchezza. Questa era misurata in base al numero di mucche che si possedevano. Non solo, anche i beni e la reputazione di un re tribale, o di un guerriero, venivano misurati in base alla sua capacità e al coraggio di rubare il bestiame nei pascoli del suo nemico, durante le razzie e in guerra.

Si tratta del famoso “Creach”, o razzia del bestiame, un atto di nobiltà che ci si aspettava dai re. Un’istituzione sociale dell’Irlanda antica, che rappresentava un dovere e, allo stesso tempo, un privilegio e che faceva parte dell’ordinarietà quotidiana.

In definitiva, pare che si passasse tanto tempo a curare il bestiame, quanto a realizzare vere e proprie spedizioni per rubarlo!

Ma torniamo alla produzione del latte e dei suoi derivati. L’estate, quando le mucche ne producevano di più, era la stagione più redditizia ed il periodo del ciclo agrario irlandese più importante.

Burro, formaggio e latte (bollito e addolcito con il miele) venivano prodotti in abbondanza e costituivano gli alimenti tipici della stagione estiva. Gli stessi prodotti si rivelavano comunque preziosi, anche per il resto dell’anno. Latte e burro erano infatti alla base di alcuni condimenti alimentari, inoltre venivano utilizzati per realizzare il porridge e la pappa d’avena, l’unica forma di alimentazione per gli irlandesi di un tempo.

Nei mesi estivi, le mucche venivano munte nei pascoli di montagna, in caseifici improvvisati chiamati “booleys” (dall’irlandese “buaile”, ‘luogo dove si munge’), dove il latte si trasformava in burro e formaggio.

Per moltissimi anni (dal 200 al 1800 d.C.) la pratica di conservazione del burro, specie nei periodi invernali quando la produzione di latte calava sensibilmente, avveniva collocando lo stesso in contenitori speciali, poi sepolti nelle torbiere. È il famoso burro di torbiera, che sfruttava le proprietà conservative della torba, considerando che, a quei tempi, i conservanti artificiali o di refrigerazione erano praticamente assenti.

Alcuni sostengono che in realtà questa modalità di conservazione derivi da antichi riti pagani, dove il seppellimento del burro in seno alla torbiera fungeva da “offerta” alle forze soprannaturali, in cambio della prosperità delle mandrie. Non era infatti raro vedere gettare del latte, o del burro, dove poi si portavano ad abbeverare gli animali, nella credenza che questo potesse preservare la loro salute.

Una cosa è certa, il burro di torbiera, imballato in cesti di paglia, o in contenitori speciali di legno, non di rado andava a male e spesso era rancido. Motivo per il quale veniva aromatizzato con l’aglio, cosa molto gradita agli antichi irlandesi.

Facendo riferimento a tempi più recenti, è importante menzionare la città di Cork. Nel 1720 questa costituiva un centro di commercio internazionale, qui transitavano merci dirette nelle Americhe e nelle Indie, e tra i tanti prodotti esportati il burro era talmente fondamentale che vennero introdotte nella nazione irlandese delle leggi per regolarne il commercio.

Nel 1769, nella stessa cittadina, nacque il primo mercato del burro, dove i funzionari pubblici che avevano il compito di verificare la pesatura del burro, lo classificavano pure, introducendo di fatto un sistema di controllo della qualità unico per quel periodo, che garantì al burro prodotto a Cork una fama di rilievo internazionale.

Con la fine del Diciannovesimo secolo terminò anche la fortuna del burro irlandese.
Il fattore principale fu un cambiamento dei gusti provocato dalle nuove tecnologie di refrigerazione. Queste permettevano ai clienti stranieri di poter mangiare burro fresco, burro mescolato, e quello leggermente salato francese. Tutti prodotti che andarono a sostituire il burro molto salato di Cork.

A partire dal 1960 il prodotto ha conosciuto una fase di ripresa grazie alla creazione di diversi organi e istituzioni dedicati all’industria casearia. Con questi interventi atti a sostenere il prodotto alimentare più rappresentativo del Paese, il governo ha fatto sì che ancora oggi, quando si parla di burro, non si può non pensare alla bontà e alla tradizione che caratterizzano da sempre quello irlandese.

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