Se c’è una cosa che è diventata simbolo inequivocabile della Spagna e delle sue antiche tradizioni, rappresentandone una delle più importanti manifestazioni artistiche e culturali, questa di certo è il flamenco.
Molti, sbagliando, associano questa straordinaria forma d’arte ad una semplice danza, ma il flamenco è davvero molto, molto di più.
Il termine significa letteralmente “fiammingo”, ovvero “proprio delle Fiandre”, una regione settentrionale del Belgio. Il mistero che circola attorno all’origine di tale nome non è di facile soluzione e molti studiosi hanno cercato di fornirne una spiegazione ipotizzando scambi culturali ed artistici fra la Spagna e le Fiandre durante il regno di “Carlo V”.
“Ma perché qualcosa di storicamente così importante”, vi chiederete, “non ha ricevuto la giusta attenzione da parte degli storici a tal punto che già la spiegazione del nome si presta a molte incertezze?”. Probabilmente perché il flamenco ha preso vita dai livelli più bassi della società e non è stato mai considerato una vera forma d’arte dalle classi agiate e di conseguenza dagli storici e dai musicologi che non lo ritenevano “all’altezza”.
Questo insieme di canto, danza e musica deriva dalla regione spagnola dell’Andalusia e ha assunto la sua forma caratteristica alla fine del XVIII secolo grazie ai “Gitanos” (il popolo nomade che abitava la bassa valle del Guadalquivir) come risultato di varie forme musicali già esistenti nella regione, quali la musica ebraica, bizantina, araba e persino induista.
La cultura dei Gitani era basata su una tradizione di tipo orale e le loro canzoni venivano tramandate di generazione in generazione grazie alle esecuzioni dal vivo all’interno della comunità.
Solo alla fine del ‘900 l’interesse verso il flamenco allargò i suoi confini, estendendosi prima in tutta la Spagna e poi in tutto il mondo. Il merito fu di un gran numero di poeti e scrittori che ne cantarono le lodi (Federico García Lorca su tutti).
La diffusione del flamenco è stata talmente capillare che nel corso degli anni si sono sviluppati un gran numero di “palos”, nonché generi di flamenco. Ne esistono più di cinquanta e sono classificati secondo determinati criteri musicali: si va dall’ottimismo gioioso della “Bulerìa” all’intensa disperazione della “Siguiriya”.
Abbiamo già detto che è errato pensare che l’essenza di questa forma d’arte spagnola sia la danza. Non a caso il primo flamenco era legato al canto e prende il nome di “cante jondo” (canzone profonda), appassionata forma di canto che esprimeva la sofferenza del popolo gitano, emarginato dalla società. Chitarra e danza si aggiungono solo in seguito, affiancati dallo “jaleo” (incitazioni a voce) e dal “palmas” (battito delle mani).
Se il nostro racconto non vi basta e volete vivere di persona il coinvolgente spettacolo che è in grado di offrire il flamenco basta volare in Spagna e recarsi in una delle numerose “ferias” andaluse che, nelle lunghe notti d’estate, propongono festival speciali, o in città storiche come “Siviglia”che più di tutte celebra il flamenco dedicandogli ben tre grandi feste popolari: il “Potaje Gitano” (a giugno), il “Gazpacho Andaluz” (tra luglio e agosto) e la celebre ed internazionale “Bienal de flamenco” (che dura tutto il mese di Settembre).
“Cantaores” (cantanti), “bailores” (ballerini) e “tocaores” (chitarristi) vi faranno toccare con mano l’animo della Spagna, facendovene rivivere la storia, in un misto di sensazioni ed emozioni indimenticabili, perché il flamenco non è solo un ballo tradizionale, o un semplice canto malinconico, è la diretta espressione della terra spagnola.